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A cura di Sergio Campailla
Edizione integrale

Con I Viceré De Roberto raggiunge la pienezza e la forza espressiva del capolavoro. In questo romanzo storico, paragonabile per impianto e grandezza a I Buddenbrook di Thomas Mann, l’autore crea un equilibrio perfetto fra la rappresentazione del «decadimento fisico e morale d’una stirpe esausta» e le vicende dell’unificazione italiana. Il libro racconta la saga di una grande famiglia aristocratica siciliana di ascendenza spagnola, gli Uzeda. A partire dalla fatidica morte della capostipite, le vicende familiari si dipanano sullo sfondo di una Sicilia feudale e borbonica; e d’altra parte, la storia della Sicilia e dell’Italia entra, a poco a poco ma inarrestabile, nel recinto familiare. I Viceré si conferma come il massimo romanzo di De Roberto e uno dei vertici dell’intera narrativa italiana.

«Giuseppe, dinanzi al portone, trastullava il suo bambino, cullandolo sulle braccia, mostrandogli lo scudo marmoreo infisso al sommo dell’arco, la rastrelliera inchiodata sul muro del vestibolo dove, ai tempi antichi, i lanzi del principe appendevano le alabarde, quando s’udì e crebbe rapidamente il rumore d’una carrozza arrivante a tutta carriera […].»


Federico De Roberto

(Napoli 1861-Catania 1927) maturò le proprie scelte letterarie nella cerchia di Giovanni Verga. Dopo un’intensa attività giornalistica, letteraria e saggistica si ritirò a vivere a Catania. Accanto a romanzi come L’Illusione (1891) e L’Imperio (1929, postumo), tra le sue numerose prove narrative si ricordano La Sorte (1887), Documenti umani (1889) e Processi verbali (1890).

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