Le favole

Le favole

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Introduzione di Alberto Cavarzere
Traduzione di Sebastiano Saglimbeni
Edizione integrale con testo latino a fronte

Esopo ha inventato la favola, ma è stato Fedro ad affinarla, a imporle le leggi del metro, a conferirle la dignità del verso consegnandola ai fasti della letteratura. Per Fedro la favola è un mezzo d’espressione che consente, a chi è schiavo o liberto come lui, di dire la verità ammantandola sotto la copertura di un traslato. La sua è una morale acre, cupamente rassegnata alla sconfitta sociale, pervasa da un pessimismo amaro. Osteggiato in vita, Fedro fu quasi del tutto ignorato anche dopo la morte: scrivendo della favola, tanto Seneca quanto Quintiliano tacciono ostinatamente il suo nome, riscoperto solo molto più tardi dietro l’ombra troppo ingombrante del più celebre Esopo.

«Giove ci buttò addosso due bisacce; una, piena
dei nostri vizi, l’adattò sulle spalle, l’altra,
pesante dei vizi altrui, davanti al petto. E noi,
per questo, non possiamo vedere i nostri errori;
quando gli altri sgarrano diventiamo censori.»



Fedro

nacque in Grecia intorno al 20 a.C. Liberto di Augusto, visse a Roma. Fu perseguitato sotto Tiberio e fatto processare da Seiano, che si vide satireggiato in alcune favole. Morì a Roma verso il 50 d.C.

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